Uganda, Febbraio 2020 – Esperienza di viaggio di una famiglia

Siamo Carlo, Elena e Marisa,

Fin dall’inizio il viaggio non l’abbiamo pensato da “turisti” ma da persone desiderose di capire cosa poter fare di concreto per aiutare Padre John: i nostri giorni quindi sono trascorsi passando da una scuola all’altra, a considerevoli distanze, per visitare bambini, ragazzi ed educatori.

La partecipazione a questo viaggio era pianificata da anni, oltre dieci, da quando grazie a Padre John abbiamo avuto la fortuna di adottare a distanza Faith, allora di cinque anni.

Arrivati al momento di partire, la gioia di potere finalmente vedere Faith, non solo tramite foto, si univa al desiderio di potere toccare con mano ciò che sapevamo crescere negli anni in Uganda, grazie alla forza di Padre John e dei suoi collaboratori.

Già dall’inizio abbiamo compreso come siamo partiti impreparati: non avevamo minimamente l’idea di ciò che avremmo visto, o perlomeno avevamo un’idea di stile giornalistico, ma dove mancava la parte più importante, cioè il cuore. Chi visita queste realtà, venendo dai nostri paesi “industrializzati”, deve assicurarsi prima di lasciare abitudini e mentalità a casa e di sapersi immergere nella realtà del luogo, non con accezione negativa ma con prospetto positivo perché la dignità, l’umanità, il decoro, il rispetto e l’amore che queste persone sanno esprimere sono cose che non avevamo prima percepito da ciò che leggevamo o sentivamo.

Il primo giorno abbiamo visitato la Babies Home: un’ondata di manine e occhi vivaci ci hanno assalito e contornato; tutti i bambini mostravano gioia e felicità di essere in quell’ambiente, che ai nostri occhi poteva sembrare povero ma per loro rappresenta un rifugio sicuro e decoroso.

Tutti i bambini sono vestiti dignitosamente, nutriti e istruiti tempestivamente. Il pasto è praticamente tutti i giorni lo stesso ma viene lo stesso accolto con gioia e senza che nessun bambino prevarichi l’altro – anzi i più grandi, e si parla al massimo di sei anni, si occupano di aiutare i più piccoli senza alcuno stimolo esterno a farlo. Prima del pasto ci si lava ordinatamente le mani poiché si viene da giochi o studio (i più grandicelli frequentano già una scuola interna), ci si siede per terra, si attende che il pocho con fagioli e ogni tanto carne sia servito in piatti puliti e, solo dopo la preghiera, i bambini iniziano a mangiare compostamente ma allegramente. Si parla di oltre cento bambini e il primo pensiero che mi è venuto è cosa sarebbe successo in una delle nostre classi dove ci sono numeri ben inferiori.

Anche il modo di approcciarsi dei bambini a noi è molto delicato, senza spinte e confusione ma col solo desiderio di mostrare il loro affetto e di avere un contatto con chi lo offre. Gli educatori sono pochi ma stanno compiendo un lavoro straordinario.

Nei giorni seguenti abbiamo visitato numerose scuole: oltre dieci, sia primarie che secondarie quindi dai sei/sette anni fino ai diciotto, per un totale di quasi settemila ragazzi.

Anche in questo caso abbiamo dovuto ammettere la nostra visuale distorta: se nella Babies Home si poteva pensare che l’ordine e la gioia dei bambini fosse mutuata dagli educatori, con l’aumentare dell’età il comportamento dei ragazzi sarebbe dovuto cambiare o diventare forse più scontroso. Nulla di tutto questo: l’educazione, la compostezza e la tranquillità erano le stesse fino alle classi più alte. Ci ha meravigliato come anche dalla stessa scrittura trapelasse, in tutti i livelli di istruzione, la precisione e pulizia che solo il desiderio di imparare e l’ambiente positivo possono trasmettere, considerando che ogni classe comprendeva da quaranta a cento alunni con a volte quattro ragazzi per banco.

Altra realtà che ci ha positivamente colpiti è stata la visita alla scuola professionale House of Mary, House of Hope Vocational Training Institute di Mbarara con più di cinquecento alunni dove, oltre alla normale attività scolastica, si affianca l’insegnamento di arti e mestieri come parrucchiere, sartoria, maglieria, muratori e falegnameria. Sono presenti notevoli attrezzature con l’obbiettivo di insegnare un mestiere a coloro che non desiderano proseguire gli studi fino all’ingresso all’università.

Ulteriore aspetto che ci ha colpito riguarda tutti i collaboratori, responsabili, insegnanti, dottori, sacerdoti e suore che abbiamo incontrato e che operano nelle varie realtà della Bash Foundation: tutti hanno un atteggiamento positivo, tranquillo e sorridente; non abbiamo mai assistito a screzi e tanto meno a fenomeni di gelosie o permalosità, nonostante i grossi problemi che si trovano ogni giorno ad affrontare e risolvere. Sicuramente è proprio questo atteggiamento che viene trasmesso ai ragazzi e grazie al quale abbiamo avuto sempre la sensazione di grande umanità, disponibilità e amore che ci contornava.

Tutti i ragazzi che abbiamo incontrato sono consci che l’opera di Padre John ha dato loro l’opportunità di studiare, alimentarsi regolarmente, vivere in ambienti decenti ma soprattutto li ha tolti da un futuro che poteva essere di prostituzione per le ragazze e malavita per i maschi. Tutti questi ragazzi sono delle classi più povere, spesso provenienti da zone difficili che quindi non possono accedere alle scuole private, sicuramente prestigiose ma enormemente più costose; molti di loro non pagano le rette scolastiche ma possono continuare a studiare grazie alle donazioni fatte alla Bash Foundation. Tutto questo è stato possibile grazie al ricavato della Fondazione che abbiamo constatato personalmente essere stato utilizzato completamente per la crescita di questi ragazzi ma, siccome le persone bisognose sono sempre di più e i debiti si sono accumulati, la Fondazione si trova in difficoltà.

Tirando le somme nel nostro viaggio, possiamo dire di aver avuto conferma dello stato di avanzamento di tutti i progetti di cui Pietro Cruciani ci parlava: l’edificio a quattro piani nella Ntungamo High School è ormai completato, la scuola per infermieri collegata all’ospedale è anche questa ormai arrivata alla stesura degli impianti, la costruzione della Primary School è in atto, è praticamente finita la nuova palazzina per la Babies Home.

Si sono anche aggiunti nuovi progetti tra gli obbiettivi dell’Associazione che riguardano la costruzione di nuove scuole in zone più decentrate rispetto a Mbarara per ospitare sempre più ragazzi.

Come ci ricorda Pietro, il progetto di base della Bash Foundation non è di elevare al massimo poche unità ma di aiutare il più grande numero possibile di ragazzi ad uscire dall’indigenza, a vivere e abitare decorosamente e soprattutto ad aprirsi all’istruzione in un paese nel quale quest’ultima è limitata al 50 % dei giovani e solo a coloro con grandi possibilità economiche.

Io e la mia famiglia ringraziamo Padre John per avere cresciuto e istruito la nostra Faith e per avercela fatta incontrare, oltre ad averci fatto incontrare altri bambini adottati da famiglie di Sasso Marconi, tutti con la stessa dignità, dolcezza e simpatia.

Concludiamo invitando chi ne ha la possibilità di andare di persona a constatare quanto scriviamo per poter poi trasmettere le sensazioni che noi stessi abbiamo provato, non immaginabili a distanza se non addirittura distorte, e potersi unire all’aiuto di tutti coloro che credono in ciò che la Bash Foundation sta facendo e che la O.N.L.U.S  “Associazione Amici dei bambini di Padre John” propaga nel nostro territorio.

Grazie Padre John di tutto ciò che continui a fare per i tuoi ragazzi senza alcun momento di riposo, noi ti saremo sempre vicini come meglio possiamo e col desiderio di poter tornare prima possibile a visitare te e la tua splendida realtà.

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